Il 25% dei casi con DDAI presenta anche una comorbilità coi disturbi d’ansia (Barkley, 1998). È importante differenziare i due disturbi in quanto, presentando alcune caratteristiche comuni, potrebbero essere confusi dal punto di vista clinico.

I bambini con disturbi d’ansia possono infatti manifestare problemi di concentrazione, impulsività e irrequietezza, proprio come quelli con DDAI, però i primi, al contrario dei secondi, “sono indebitamente preoccupati riguardo il loro futuro” (DSMIII- R, 1987). Anche nella distribuzione tra i due sessi, i due disturbi sono differenziabili; infatti i problemi d’ansia si presentano in misura doppia nelle femmine rispetto ai maschi (il quadro è completamente ribaltato nel DDAI).
In età adolescenziale alcuni casi con DDAI possono sviluppare dei tratti ansiosi a seguito di una serie di fallimenti in ambito sociale e scolastico che hanno accumulato durante la crescita, e che li rendono insicuri rispetto alle loro capacità e incerti sui risultati dei loro comportamenti.

Un altro 25% di bambini con DDAI riceve una seconda diagnosi di Disturbo dell’Umore. Dal punto di vista clinico non risulta facile discriminare una DDAI da un disturbo dell’umore, in quanto i genitori riferiscono per entrambe le problematiche: difficoltà di concentrazione e iperattività. In realtà, spesso i bambini che vivono un disagio emotivo manifestano il loro malessere attraverso una serie di comportamenti tra cui agitazione e disattenzione. Pertanto è necessario che il clinico conduca un’intervista clinica strutturata ai genitori per indagare la presenza di altri sintomi che non rientrano nel quadro del DDAI, come ad esempio la presenza di interesse in attività prima considerate piacevoli, irregolarità di alimentazione o di sonno, e la presenza di affermazioni negative su stesso e sulle situazioni in generale.

Come nel caso del disturbo d’ansia, alcuni ragazzi con DDAI possono sviluppare i sintomi del Disturbo d’Umore in quanto possono vivere un senso di fallimento e di frustrazione a causa dei numerosi insuccessi scolastici e sociali. Questa modalità di pensiero nasce soprattutto dalla loro idea che i fallimenti siano dovuti ad un ad un deficit di abilità. Millich e Okazaki (1991) utilizzando il paradigma “dell’impotenza appresa” (learned helplessness), hanno trovato che i bambini con DDAI interrompono più frequentemente un’attività prima degli altri, quando sperimentano un insuccesso o una frustrazione, confermando quindi una loro maggiore predisposizione a sviluppare un Disturbo dell’Umore.

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